Le attività

Il Progetto si concretizza tramite le seguenti attività grazie al contributo in fattoria da parte dei volontari stranieri:

  1. Testimonianze in fattoria
  2. Anche da una breve visita nella fattoria può scaturire una contaminazione virtuosa. Organizzare una tappa presso Tent of Nations, all’interno del proprio viaggio in Terra Santa, pone nuove domande alla coscienza e aiuta a cambiare l’atteggiamento con cui si affronta la quotidianità.

    Ecco perché si parla di testimonianza. Daoud Nassar è sempre disponibile con i visitatori della fattoria per raccontare come sia possibile affrontare violenza e ingiustizia con un atteggiamento di riconciliazione, sviluppo e dialogo.

    Così, semplicemente da un incontro, la prospettiva della propria esistenza può cambiare.

  3. Lavoro in fattoria
  4. Il supporto dei volontari in questo contesto è finalizzato al miglioramento delle tecniche di lavoro e al mantenimento dei servizi offerti da Tent of Nations, sostenendone lo sviluppo.

    La durata della permanenza in fattoria può oscillare dai pochi giorni a un’intera stagione e dipende esclusivamente dal tempo che i visitatori hanno a disposizione. Il loro supporto spazia da lavori di manutenzione alle abitazioni e alle strutture di accoglienza degli ospiti, alla lavorazione della terra.

    Nella fattoria si coltiva principalmente vigneti, ulivi e alberi da frutto. Nel corso delle stagioni il lavoro prevede semina, raccolta, bonifica del terreno e sistemazione delle cisterne per la raccolta d’acqua piovana. Mancando le attrezzature e i macchinari moderni, l’attività è prettamente manuale. Questa tecnica di lavoro “rudimentale” li porta all’aiuto reciproco e al dialogo come strumento per alleggerire le fatiche.

  5. Campi estivi in luglio
  6. Ogni anno, nelle prime due settimane di Luglio, Tent of Nations si trasforma in un luogo popolato da ospiti speciali: più di 50 bambini di età compresa tra i 7 e i 15 anni, si recano tutte le mattine alla fattoria per vivere una giornata pregna di momenti di aggregazione, educativi e ludici. Sono i figli delle famiglie che risiedono nella zona di Betlemme e nei campi profughi limitrofi.

    Il supporto da parte dei volontari alla famiglia Nassar, consiste nell’organizzare i momenti di condivisione con i bambini e di seguirli poi per tutta la giornata nelle attività quotidiane. Lavori di gruppo, pittura, giochi di squadra, tornei, letture e musica, sono solo alcuni esempi di come si realizzano esperienze di condivisione.

    Ciascun volontario può scoprire i talenti dei bambini, invitandoli poi a metterli a disposizione degli altri. L’obiettivo è quello di motivare i ragazzi a mettersi in gioco con entusiasmo, per crescere e fare esperienza di speranza e relazione.

    Ciò che conta, soprattutto, è che non cadano nel giogo dell’odio che potrebbe scaturire dalla situazione precaria nella quale vivono.

  7. Corsi per le donne locali
  8. L’isolamento e la precarietà cui devono far fronte le donne locali e le loro famiglie alla luce del contesto che le circonda, richiede un intervento che scardini i rischi concreti di sfiducia e avvilimento. A tal riguardo, nel vicino paese di Nahalin, la famiglia Nassar gestisce un centro dotato di classi e sale riunioni, dove i volontari tengono lezioni e corsi dedicati alle donne locali.

    Qui si insegnano le materie che i figli delle donne svolgono a scuola (permettendo loro di supportarli nell’apprendimento anche durante i compiti a casa), nonché l’inglese, l’utilizzo del computer, l’artigianato e gli approfondimenti sui diritti umani. Nel periodo che intercorre tra settembre e giugno, si costituiscono classi di circa 15 donne, che frequentano le lezioni quattro mattine alla settimana. Alla fine dell’anno scolastico viene rilasciato loro un attestato di partecipazione.

    Le attività del centro di Nahalin permettono lo sviluppo del potenziale delle donne locali, incoraggiandole a rimanere nel loro villaggio e ad avere un ruolo attivo nella vita del paese.